L’invenzione delle lastre a secco rivoluzionò la vita dei fotografi che non ebbero più bisogno di includere una camera oscura portatile nella propria attrezzatura da campo. Poi, nel giro di pochi anni, le lastre diventarono abbastanza sensibili da permettere la creazione delle prime fotocamere a mano – come la Francais formato 8×9 cm illustrata a fianco – e questo segnò il primo passo fondamentale della fotografia: per consentire l’uso a mano fu necessario introdurre un mirino separato dall’obiettivo e così ebbe origine il modo di fotografare per noi consueto, senza nascondere la testa sotto una stoffa nera. Il proprietario di questa fotocamera se la cavava con poco sforzo: la sua borsa di 18x22x14 cm contenente la fotocamera e 5 portalastre pesava solo 2 Kg.
Sanderson Junior, 1900 – 5 Kg
Mentre le fotocamere a mano muovevano i primi passi per lungo tempo la qualità poteva essere raggiunta solo dai grandi formati e una fotocamera 12×17 cm come questa era il giusto compromesso fra la qualità e la trasportabilità richieste ad una fotocamera da campagna. Il peso è spartito fra fotocamera, treppiede e telo ( 3,1 Kg) e tre portalastre doppi con le rispettive lastre in vetro (1,9 Kg). Il corredo è privo della borsa e della peretta in gomma, di cui è rimasta solo la parte che faceva scattare l’otturatore, pertanto il peso complessivo si aggirava sui 7 Kg e il nostro fotografo aveva bisogno di un mezzo di trasporto.
No. 3 Folding Pocket Kodak, 1900 – 2,4 Kg
La No.3 è stata probabilmente la folding più longeva e costruita nel maggior numero di esemplari. Il mirino con livella a bolla, la possibilità di decentramento della piastra portaottica e quella di poter sostituire il dorso con un altro per l’uso delle lastre ispirarono un’intera generazione di folding. Il formato “un quarto di placca” (8 x 10 cm) era piuttosto generoso ma la borsa, di poco più grande della fotocamera, era indossabile senza difficoltà.
Ica Volta 146, 1914 – 2,5 Kg
Nel primo ‘900 il miglior compromesso fra qualità e trasportabilità era rappresentato dalle fotocamere a lastra, come questa Ica 9×12 cm. Esse potevano essere usate a mano, grazie alla scala metrica per la messa a fuoco e al mirino a riflessione, o su treppiede grazie al vetro smerigliato. Il proprietario di questa evidentemente preferiva mettere a fuoco sul vetro smerigliato e utilizzare il treppiede e lo scatto flessibile. La sua borsa, che misura 18x14x9 cm e comprende anche un libretto di istruzioni, pesava circa 1,7 Kg con 6 portalastre carichi mentre il treppiede pesa 800 gr.
Revolving Back Tele Graflex, 1927 – 3,8 Kg
Quando le prime Leica furono affidate ad un gruppo di giornalisti per verificare come sarebbe stata accolta dai professionisti, le reflex di grande formato rappresentavano la perfezione per la fotografia a mano libera. Il proprietario di questo esemplare, piuttosto tardivo, preferiva i filmpack e non usava lastre in vetro. Il peso complessivo dell’attrezzatura è distribuito fra la borsa di cuoio robusto (1,2 Kg), la fotocamera (2,5 Kg) ed un filtro (100 gr).
Rolleiflex, 1929 – 1,1 Kg
Con la Rolleiflex la qualità delle immagini fa un rapido passo in avanti: il formato abbastanza grande e l’assenza di vibrazioni, grazie alla stabilità dell’impugnatura a dispetto delle apparenze, permettono di ottenere il massimo dalle ottiche Zeiss. In termini di qualità dell’immagine la Rolleiflex non ha avuto concorrenti fra le fotocamere a mano fino al sopraggiungere dell’Hasselblad ed è stata uno dei cavalli di battaglia dei fondatori dell’Agenzia Magnum insieme alla Leica e alla Contax.
La borsa è predisposta per ospitare la fotocamera ed uno scatto flessibile, praticamente l’unico accessorio disponibile.
Leica, 1930 – 840 gr
La Ragazza con la Leica di Rodchenko (1934) sembra avere a tracolla questa borsa, più visibile in un altro fotogramma che in quello più bello e conosciuto. E’ la prima “borsa corredo” per la Leica ad ottica fissa, predisposta per alloggiare un telemetro e due caricatori di pellicola. Altri accessori voluminosi, nella sostanza, non ce ne erano; al più la macchina poteva essere corredata con qualche filtro ed un paraluce. La forma piatta e arrotondata della borsa è ispirata alle folding e, come queste, è elegante e poco ingombrante.
Leica III, 1935 – 2,6 Kg
Splendido corredo degli anni ’30, composto da una Leica con 35, 50 e 90 mm oltre a un mirino multifocale, un temporizzatore per ritardare lo scatto, uno stativo da riproduzione e qualche accessorio minore.
Cortesia Maurizio Tonarelli – Firenze
Rolleiflex, 1959 – 1,4 Kg con borsa pronto in cuoio
Nel film La dolce vita (1960), che ha ben altra valenza rispetto allo specifico di nostro interesse, Paparazzo (Walter Santesso) è il fotografo al seguito del giornalista Marcello (M. Mastroianni). Le armi di Paparazzo sono prevalentemente Rolleiflex e Rolleicord, con o senza flash, per un peso variabile fra 1300 e 2500 grammi circa. La preminenza delle Rolleiflex (Rolleicord) rispetto alle altre fotocamere, relegate al ruolo di comparse, non è casuale: gli anni ’50 furono la migliore stagione commerciale della F&H prima del lento declino iniziato negli anni ’60.
Cortesia Stefano Parrini – Poggibonsi (SI)
Hasselblad 500C, 1967 – 3,5 Kg
Corredo con 50, 80 e 150 mm, 2 magazzini ed esposimetro al selenio. L’Hasselblad ha molte analogie con la Leica: entrambe sono nate dalla passione e dalla capacità di un singolo, sono essenziali, ergonomiche e possono durare una vita. Infine, grazie anche al parsimonioso rinnovamento dei modelli, hanno avuto una schiera di utenti che non le avrebbero cambiate con nessun’altra fotocamera più ricca di tecnologia. Il proprietario di questa macchina l’ha utilizzata per quasi 40 anni, prima di passarla di mano.
Cortesia Ottica MB – Firenze
Nikon F, 1971 – 2,9 Kg
Nel 1966 il film Blow-Up di Michelangelo Antonioni proietta nell’immaginario collettivo il mito del fotografo. Nelle mani di David Hemmings una Nikon F fotografa Verushka nella sequenza più famosa di un fotografo al lavoro e, dal quel momento, la reflex professionale si identifica definitivamente nel marchio Nikon. Chissà se questo corredo composto da 28, 50 e 105 mm, di pochi anni posteriore al film, è appartenuto ad uno dei tanti giovani che si infatuarono del mito.
Cortesia Matteo Lambriola – Pisa
Mamya RB 67 ProS, 1975 – 7 Kg
Un classico corredo da studio con 60, 90 e 180 mm, due magazzini ed esposimetro che pesa 3,9 Kg, quindi poco più dell’equivalente Hasselblad ma dall’ingombro decisamente superiore; per contro è un piacere osservare una diapositiva 6×7 cm e per lungo tempo queste due macchine sono state quelle maggiormente usate negli studi fotografici. La borsa GM in alluminio e finta pelle ha espresso la massima robustezza possibile coniugata con un aspetto professionale ed elegante. Il modello illustrato, che era il più grande della serie, misura 30x40x20 cm e pesa circa 3 kg con qualche filtro e altri accessori minori.
Pentax LX, 1980 – 6 Kg
Negli anni ’70 la dimensione delle reflex e degli obiettivi si ridusse notevolmente e nei primi anni ’80 un corredo professionale come questo, con winder, 20, 24, 35, 40, 85, 135 e 300 mm più un set di tubi di prolunga, pesava poco meno di 4 Kg. In questo caso i rimanenti 2 Kg sono costituiti dalla borsa in nylon (25x25x40 cm) contenente alcuni accessori minori, una tipologia di borsa apparsa sul mercato negli anni ’70 e al tempo definita “morbida” in alternativa a quelle tradizionalmente rigide.
Cortesia Guido Pratellesi – Firenze