FEMMINILE, PLURALE
Se è vero che dietro la superficie di una fotografia si può leggere molto di chi scatta, nel caso del ritratto c’è ancora maggiore complessità. Un ritratto fotografico abita lo spazio tra chi esegue lo scatto, il soggetto ripreso e chi guarderà l’immagine, ed è un gioco di equilibrio che ne decide la riuscita.
Il nudo alza il livello della sfida. Il nudo richiede non solo perizia tecnica, nel saper ammaestrare la luce per raccontare la bellezza e il mistero del corpo (femminile, in questo caso), ma anche grande sensibilità nell’entrare in relazione con il soggetto e lasciare che, sentendosi a proprio agio, si scopra anche emotivamente, che mostri di sé quello che l’occhio non vede.
Nei ritratti senza veli firmati da GianPaolo Prando io vedo tutto questo: il suo è un omaggio, esplicito, alla bellezza femminile, talvolta appena ammiccante, ma che, quando si concentra sulle linee pure e dialoga con le forme disegnate dalla luce, riesce a raccontare GianPaolo Prando ha sempre amato il ritratto femminile, ci si è dedicato per tutta la sua carriera, arrivando in queste ultime prove a una pulizia nuova, forse aiutata da un processo di riflessione o di sottrazione che non è del tutto estraneo ai tempi.
Via i colori, via cappelli, stoffe, piume e accessori. Rimangono il corpo, il volto, la luce e l’ombra. Rimane l’abilità nel guidare ogni modella nel movimento plastico, che le permette di esprimersi senza rigidità e senza affettazione, e lascia affiorare i tratti personali attraverso dettagli, imperfezioni, gesti.
La sicurezza dell’autore, nella dinamica della posa, si trasforma nella libertà della modella: lo vediamo ogni volta che, risalendo e quasi prendendo forza dalle forme del corpo, arriva a restituire lo sguardo.
Piera Lombardo C.F.O.